A scuola con Emoji-Me

Il progetto Emoji Me ci ha permesso di aprire la riflessione con i bambini e le maestre delle classi che abbiamo incontrato.
Le maestre sono state invitate a partecipare alle attività dimenticando il loro ruolo professionale, hanno così avuto modo di osservare i bambini da un’ altro punto di vista, scoprendo alcuni elementi che nella quotidianità tendono a sfuggire.

Il progetto si è basato su attività di gioco che nel momento stesso dell’ attuazione, è divenuto qualcosa di serio, il gioco non come banalizzazione dei temi ma modalità di lavoro e di gestione di esperienze che spesso non hanno modo di esprimersi.
I bambini sono stati invitati all’ ascolto del corpo, come luogo sede delle emozioni e successivamente a far entrare gli aspetti emotivi nelle loro narrazioni.

Le emozioni vengono verbalizzate attraverso il linguaggio e i bambini sono stati sostenuti nella comprensione e nell’ utilizzo delle parole.
Ad esempio due termini molto utilizzati sono quelli di “bullo” e “bullizzato” che contengono al loro interno molte emozioni. Il bullizzato che descrivono come chi viene messo da parte, deriso, preso in giro e la mimica che accompagna è quella dello sconforto, della tristezza. Se c’è un bullizzato raccontano di come ci sia anche un bullo, uno o più, che nel momento in cui la classe, o alcuni, lo identificano come tale lo creano bullizzato.
Una linea sottile unisce questi due termini e le emozioni che portano con sé.

Invitando i bambini a creare dello storie per poi rappresentarle agli altri, indicando loro solo alcune emozioni di base è stato possibile esplorare il loro mondo interiore.
Le storie ricche di temi che spesso non vengono verbalizzati come la timidezza, il sentirsi diverso, la morte, le paure, ma anche le gioie quotidiane e i vissuti attraverso il gioco.Come ad esempio la bambina un pò più bassa degli altri ha potuto raccontare e raccontarsi la storia di una ragazza che veniva chiamata Puffetta, il bambino che non poteva momentaneamente correre diventa  il velociraptor, ed effettivamente nella sua rappresentazione è davvero agile e veloce, la scomparsa di un nonno che non c’è più ha modo di essere elaborata.

Unità di misura della buona riuscita del lavoro svolto con i bambini sono stati gli incontri successivi, il loro entusiasmo, la voglia di raccontarci che ci mostravano ad ogni nuovo intervento in classe, così come il venire a sapere che alcune delle attività svolte insieme sono state poi riproposte a casa ai genitori.

Irene – Team Build The Future

Comune di Macerata
Dipartimento Dipendenze Patologiche AreaVasta3
Associazione GLATAD onlus